SE IL TESTATORE VUOLE ELUDERE LE NORME SULLA SUCCESSIONE NECESSARIA

    Immaginiamo - (è solo un'ipotesi astratta ed improbabile ?) - che un cliente chieda all'avvocato come fare per favorire uno dei propri eredi, a scapito di un altro: volendo beneficiare del proprio patrimonio soltanto un figlio (che chiameremo "Pecora Bianca"), e lasciare all'altro figlio (che chiameremo "Pecora Nera") nulla, o quasi.
    L'avvocato normalmente risponderà che la Legge tutela i diritti inderogabili dei legittimari: e che non è in alcun modo possibile evitare che il legittimario danneggiato proponga - a suo tempo - l'azione di riduzione, volta a reintegrare la quota minima (c.d. quota legittima) riservatagli dalla legge in funzione del suo grado di parentela con il de cuius, essendo la relativa normativa "cogente" e non derogabile.
    Ed infatti
il legittimario leso nella quota a lui riservata potrà esperire l'azione di cui all'art. 553 e seguenti del codice civile: per effetto della quale i lasciti testamentari, i legati, o se del caso le donazioni effettuate in vita, verranno ridimensionati fino a reintegrare la quota garantita.
    Il legislatore - infatti - non si è limitato ad affermare il diritto del legittimario, ma ha altresì approntato uno strumento - l'azione di riduzione - volto a garantire la effettiva percezione della quota "legittima"; ed ha previsto per essa un ampio termine di prescrizione (pari a dieci anni decorrenti dall'accettazione (la quale può essere effettuata dal chiamato nell'ordinario termine decennale), quando la lesione discenda da disposizioni testamentarie, o dall'apertura della successione, quando la lesione discenda da donazioni).


Tuttavia le norme che abbiamo studiato, e riletto cento volte, nascondono un "trucco" che - come quelli dei bravi prestigiatori - è assai difficile scoprire.

    Per individuare il trucco, basta seguire il percorso obbligato del legittimario (Pecora Nera) "punito" dal testatore: individuando quali ostacoli egli potrebbe incontrare, ed inserendoli sul suo cammino.

L'art. 564 co. 1 del codice civile, infatti,  impone al legittimario, che intenda agire in riduzione, la previa accettazione della eredità con beneficio di inventario (che, come vedremo, costituisce un accidentato percorso ad ostacoli), ove ricorrano due condizioni:
    - che non si tratti di legittimario totalmente pretermesso, ma solo di legittimario parzialmente leso nella quota di riserva;
    - che l'azione di riduzione vada  esperita nei confronti di un soggetto non chiamato all'eredità (restando irrilevante l'eventuale rinunzia del chiamato all'eredità).

    E' quindi agevole comprendere come:
    1 - al fine di non sottrarre il figlio Pecora Nera dall'onere della accettazione con beneficio di inventario, occorrerà che egli sia chiamato come erede, ancorché in una quota minima;
    2 - al fine di preservare il figlio Pecora Bianca da un'azione di riduzione priva di questo ostacolo (l'accettazione beneficiata), è necessario che egli non sia chiamato come erede.
  
    Il cliente potrà dunque predisporre un testamento, al fine di impedire l'apertura della successione c.d. "legittima" (che determinerebbe la chiamata all'eredità di Pecora Bianca in qualità di figlio);
- istituendo erede il figlio Pecora Nera, sia pure per lasciargli un bene di minimo valore;  
 - disponendo esclusivamente, in favore di Pecora Bianca, un legato  (ancorchè di rilevantissima entità), espressamente escludendone la chiamata come erede  (con una formula che sgombri il campo da ogni ipotesi di institutio in re certa).

    In tal modo, una volta aperta la successione, Pecora Nera - per poter reclamare la propria quota di riserva - dovrà far precedere dall'accettazione beneficiata qualunque altro atto che integri una accettazione pura e semplice: la stessa proposizione dell'azione di riduzione, ad esempio, costituisce accettazione, che non è suscettibile di rinuncia  successiva.
    Occorrerà pertanto che il legittimario leso non compia atti di gestione del patrimonio ereditario, non effettui volture catastali a proprio favore, non ometta - rimanendo contumace - di eccepire la propria estraneità ad un giudizio riguardante un bene del de cuius, non esperisca azioni che non siano strettamente conservative del relictum, non proceda alla rottamazione di un veicolo di proprietà del de cuius,  ecc. ecc.-.
    
    Occorrerà, ancora e soprattutto, che il legittimario leso compia effettivamente l'inventario entro il termine previsto dalla legge, poichè l'art. 564 co. 1 del codice civile recita, con formula talvolta equivocata, che "Il legittimario che non ha accettato l'eredità col beneficio d'inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all'eredità. Questa disposizione non si applica all'erede che ha accettato col beneficio d'inventario e che ne è decaduto".

    Qui si trova un'altra parte del "trucco": la disposizione non si applica all'erede che ha accettato con il beneficio di inventario e ne è decaduto, ma si applica certamente all'erede che, dopo aver dichiarato di volersi avvalere dell'accettazione beneficiata, non ha compiuto l'inventario nei termini.
    
    La decadenza dal beneficio di inventario - infatti - presuppone che la qualità di erede beneficiato sia stata conseguita, e che sia successivamente perduta (ad esempio, per infedele redazione dell'inventario): mentre il mancato compimento dell'inventario impedisce il sorgere del beneficio che - non essendo venuto ad esistenza - non può essere soggetto a decadenza.

    E, secondo l'insegnamento della Corte Suprema, "In tema di successioni "mortis causa", l'art. 484 c.c., nel prevedere che l'accettazione con beneficio d'inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell'inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancanza di distinte discipline dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l'attribuzione all'uno dell'autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell'altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in universum ius defuncti, compresi i debiti del "de cuius", d'altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires, che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario, in mancanza del quale l'accettante è considerato erede puro e semplice (art. 485, 487, 488 c.c.) non perché abbia perduto "ex post" il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell'inventario in determinati termini non ricollegano mai all'inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l'erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte, che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell'inventario. Poiché l'omessa redazione dell'inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all'erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l'esperimento dell'azione di riduzione, non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall'art. 564, comma 1, ultima parte, c.c., cioè l'accettazione con beneficio d'inventario."  (Cassazione civile, sez. II, 09/08/2005, n. 16739, in Vita not. 2006, 1, 298).
    Ovvero, più sinteticamente, "Il chiamato alla eredità, che dichiara di accettarla con beneficio, senza portare però a compimento l'inventario nei termini di legge, non decade da uno "status" che ha solo dichiarato di voler conseguire senza peraltro riuscirvi, e deve essere considerato erede puro e semplice. Pertanto non può esperire l'azione di riduzione nei confronti di persone non chiamate come coeredi."
    Ancora: "A norma dell'art. 564 c.c., tra le condizioni di proponibilità dell'azione di riduzione delle donazioni e dei legali esperita dal legittimario nei confronti dei soggetti non coeredi rientra, oltre all'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'effettivo compimento dell'inventario nei termini di legge, ai sensi degli art. 769 e ss. c.p.c. (senza di che il chiamato e considerato erede puro e semplice), risiedendo la "ratio" della condizione imposta al legittimario proprio nella garanzia di obiettività e sincerità che l'inventario offre ai soggetti passivi dell'azione di riduzione." (Cassazione civile, sez. II, 28/03/1981, n. 1787, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 3),    
    Il trucco, ovviamente, funzionerà solo nel (rarissimo ?) caso in cui Pecora Nera, e soprattutto il Legale al quale si rivolgerà per "impugnare" il testamento, non si rendano  conto della necessità della previa accettazione beneficiata, da compiersi prima di qualsiasi atto, compresa la domanda di riduzione, idoneo a determinare l'accettazione pura e semplice.

                                                                    avv. Francesco Isola